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I Mercoledì con la Venice Design Week: Valentina Tanni

Categories // BRANCHIE news, Design Mercoledì, 21 Dicembre 2011

I Mercoledì con la Venice Design Week: Valentina Tanni
Siamo ormai giunti al sesto appuntamento di questa rubrica, è la volta di Valentina Tanni, critica d'arte e giornalista.

Intervista a cura di Giuliana Tammaro.
1) Ci colpisce l'header del tuo sito in cui si legge "In art there are no schools, only hospitals". Cosa significa per te questa frase?

È una frase di Jean Cocteau in cui mi sono imbattuta per caso qualche anno fa durante la Biennale di Venezia. Veniva citata in un video di Antoine Prum intitolato “Mondo Veneziano” e presentato nel Padiglione del Lussemburgo. Mi ha subito colpito perché riassume in poche parole e con la giusta ironia quello che ho sempre pensato dell’arte. Ossia che non ci sono regole infallibili che si possono seguire per farla, non c’è un mestiere vero e proprio che si può imparare, non ci sono etichette che funzionino davvero. 


2) Sei tra i fondatori di Exibart e attualmente editor di Artribune. Come hai vissuto questo passaggio?

Quando gran parte della redazione di Exibart ha abbandonato il progetto per fondare Artribune io ero fuoriuscita già da un po’ e stavo lavorando su altri fronti, anche se naturalmente sono sempre rimasta a stretto contatto con tutti loro. Exibart è stata la mia palestra, l’ambiente in cui mi sono formata, ed è un progetto a cui ho lavorato praticamente a tempo pieno per quasi dieci anni, quindi ho vissuto l’iniziale spaccatura con un po’ di dispiacere, però allo stesso tempo penso che ricominciare ci abbia fatto molto bene.


Artribune, una realtà che ho abbracciato sin da subito con grande entusiasmo, ha permesso al nostro team di rinnovarsi, di ripensare da zero l’approccio al progetto editoriale, al modo di comunicare l’arte, al linguaggio che vogliamo utilizzare. E il successo che abbiamo avuto in soli sei mesi di vita penso che sia la prova del fatto che ci stiamo riuscendo.

3) È ormai evidente e innegabile come la crisi abbia colpito anche l'Italia. Nello specifico vorremmo ci parlassi di quella che ha investito il settore dell'editoria e del rapporto che secondo te c'è tra editoria tradizionale e editoria multimediale, quanto la seconda abbia influito / stia influendo sul presunto declino della prima e se ritieni ci sia ancora un senso nell'esistenza della prima in quest'epoca dove tutto è digitale.

L’editoria è in crisi come tanti altri settori in questo periodo storico. Ma credo che si stia verificando, per alcuni versi, un fenomeno simile a quello che ha interessato il mondo della musica. L’industria musicale è crollata, i guadagni sono ai minimi storici, ma mai come in questa epoca la musica viene suonata, diffusa, ascoltata, scambiata. La stessa cosa vale per i libri: forse è diventato più difficile produrre e vendere l’oggetto-libro, che spesso si rivela non sostenibile - economicamente ed ecologicamente - ma di certo non sono diminuiti i lettori e tantomeno gli scrittori. Leggiamo e scriviamo molto più che in passato. Solo che ci stiamo abituando a separare i contenuti dai contenitori: il libro dal volume, la musica dai cd, i film dai dvd. Non è più tanto importante l’oggetto, quanto le idee che riesce a veicolare. 


In questo contesto, l’editoria digitale può fare moltissimo, mettendo a punto strumenti sempre migliori per fruire la parola scritta (sia hardware che software). E allo stesso tempo, nuovi modelli economici che permettano agli autori di sostenersi.


Con questo non voglio dire che la carta stampata sia completamente inutile (l’arte del libro, che considera la forma dell’oggetto e non solo quello che c’è scritto sopra, è un’arte a sé, che continuerà a vivere), ma credo che sia arrivato il momento di ripensare l’intero sistema di distribuzione dei contenuti. Senza paure e senza pregiudizi, scegliendo il mezzo più adatto a ogni situazione.

www.designweek.it

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